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quarta-feira, 1 de agosto de 2012

Nanomedicina e nanotecnologie per il diabete


Le nanotecnologie potrebbero trattare il diabete di tipo 1, se non addirittura curarlo: la ricerca nanotech ha infatti scoperto che nanoparticelle di chitosano, un derivato della chitina, una struttura polimerica presente in funghi e crostacei, potrebbero essere impiegate come efficace veicolo protettivo per la somministrazione orale dell’insulina, che ad oggi viene invece assunta dai diabetici per iniezione, in quanto il processo digestivo e le grandi dimensioni molecolari ne impediscono un efficace assorbimento. Le nanoparticelle di chitosano sono di facile produzione e totalmente biocompatibili, il che potrebbe anche portare a realizzare la tecnica in tempi ragionevolmente brevi.

Le nanotecnologie potrebbero inoltre rivoluzionare i metodi di misura dei livelli di glucosio nel sangue, oggi invasivi e spesso dolorosi, oltre ad avere attendibilità limitata. Metodi per il monitoraggio continuo e accurato dei livelli di glucosio nel sangue potrebbero invece essere messi a punto grazie alle nanotecnologie, ad esempio impiegando elettrodi in nanotubi di carbonio, in grado di misurare selettivamente concentrazioni di glucosio, trasmettendo direttamente i dati a un microchip impiantato che li invia in modalità wireless a un computer indossabile. Promettente e affascinante anche la possibilità allo studio di uno ‘smart-tattoo‘, realizzato con nanoparticelle polimeriche ricoperte di molecole che diventano fluorescenti al raggiungimento di pericolosi livelli di soglia del glucosio.
Diabete nanotech
Nanotecnologie per trattamento e cura del diabete, nanoparticelle per assunzione di insuline, nuovi metodi di misura glucosio e trapianti.
Il trapianto di pancreas è una via invece oggi impraticabile a causa delle reazioni immunitarie violente cui porta, con rigetto del nuovo organo. Anche qui le nanotecnologie potrebbero portare una soluzione, in forma di una sorta di guaina protettiva in silice nanoporosa, o in altri materiali inerti, che proteggerebbe l’organo trapiantato dall’aggressione del sistema immunitario: infatti, se i nano pori del materiale fossero della grandezza di circa 20 nm, le cellule delle isole di Langerhans, che nel pancreas producono insulina, permetterebbero iltransito alle molecole più piccole di glucosio e insulina, impedendo invece l’ingresso a strutture più grandi come globuli bianchi e altri componenti del sistema immunitario, prevenendo il rigetto. 

E ancora più avveniristico, il pancreas artificiale, che fatto di batterie di sensori, libererebbe insulina all’occorrenza nel flusso sanguigno prelevandola da una apposita riserva: idea proposta già dagli anni 70, ma solo l’odierno sviluppo delle nanotecnologie potrebbe ora portare a un dispositivo nanotech dalle dimensioni sufficientemente ridotte da essere realmente impiegabile per la cura del diabete.